Ricordi di Sadhu Arunachala
Sadhu Arunachala giunse in India nel 1935 per raggiungere il suo guru Ramana Maharshi al cui cospetto rimase per tutta la vita. Il vero nome di Sadhu era Chadwick ed era un maggiore. Conobbe il guru attraverso la lettura di India segreta di Paul Brunton e capì immediatamente che si trattava del suo maestro. Abbandonò tutti suoi averi e il suo lavoro e si trasferì in India.
Ramana Maharshi
Il suo maestro Ramana Maharshi, che ormai viveva sulla montagna Arunachala da anni, lo accolse con un caloroso sorriso. Era ormai di mezza età, già famoso e circondato da fedeli nel suo ashram. Bhagavan, come Ramana Maharshi veniva chiamato dai suoi devoti, aveva vissuto l’esperienza che l’avrebbe cambiato all’età di sedici anni.
Si trovava nella sua stanza quando ebbe la sensazione di stare per morire, si sdraiò per terra rigido come se fosse realmente morto. In questo momento ebbe tutto chiaro: il suo corpo era morto e il Sé aveva assunto il completo comando. Ramana capì che c’è soltanto un Sé e che questo è l’unica cosa permanente. Il suo Io, cioè lo spirito che trascende il corpo era sopravvissuto alla morte del corpo.
L’Io osservava il corpo dell’esterno e non si associava più con esso. Era un’anima realizzata. È molto difficile comprendere cosa sia un’anima realizzata. Bhagavan diceva che nessuno può capire cosa sia un’anima realizzata eccetto un’anima realizzata stessa.
Diventare un’anima realizzata
Bhagavan insegnava ai suoi discepoli come raggiungere il Sé. Ovviamente, non era semplice pervenire a questo scopo. Basti pensare che il metodo di meditazione proposto si basava sull’enunciato “Non pensare. Sii!”.
Quindi far smettere alla mente di pensare a se stessa come un individuo e di riposare semplicemente nella divinità.
Sadhu Arunachala fu uno dei discepoli che cominciò il suo percorso proprio a partire da quella massima. Egli capì che non c’era separazione in questo mondo, che la vita mondana era semplicemente irreale come la vita spirituale o che entrambe erano reali. Capì che il destino (parabdha) doveva in qualche modo essere esaurito e che non esisteva né il bene né il male, ma solo l’attaccamento.
Per comprendere tutto ciò, Sadhu restò accanto al maestro Ramana per tutta la vita, raccontando nel libro Ramana Maharshi. Ricordi di un Sadhu tutto quello che apprese in quegli anni. Trascrisse tutti gli insegnamenti del maestro, la vita intera di Ramana fino alla sua morte e tutte le motivazioni che lo spinsero ad affrontare questo viaggio spirituale. Il libro contiene dialoghi inediti con Bhagavan ed episodi realmente accaduti all’ashram, mai pubblicati prima. Bisogna chiedersi: come riusciva Bhagavan a comunicare con tutti i fedeli del mondo che parlavano altre lingue? La risposta la trovi al paragrafo L’insegnamento supremo del libro Ramana Maharshi. Ricordi di un Sadhu.
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