Sibylle Krüll, psicologa, autrice di Come affrontare la perdita di una persona cara ci parla di cosa vuol dire affrontare un lutto.


Nella prefazione del suo libro lei sostiene che “Il lutto non va ‘superato’, non è un esame”. Cosa significa?
Evito di utilizzare il termine “superare” proprio perché di solito viene associato a un esame, per il quale ci si prepara, poi si sostiene la prova, viene assegnato un voto – e tutto finisce lì. Questa metafora tuttavia non è adeguata per descrivere il processo di elaborazione del lutto: ci si può preparare soltanto in parte, non vi sono tempi prestabiliti, nessuno può arrogarsi di assegnare voti per un processo più o meno riuscito, che inoltre non termina mai definitivamente. L’elaborazione continua finché siamo in vita, poiché il legame con la persona defunta rimane vivo dentro di noi. Si tratta di un “legame continuato” che viene rivisto e ridefinito a più riprese. Piuttosto che superare il lutto, si impara a conviverci.

Come si fa a conviverci?
Per elaborare un lutto, bisogna affrontare attivamente alcuni compiti, come quello di non negare la realtà della perdita, ma di accettare che sia avvenuta. È necessario lasciar fluire tutte le emozioni, anche quelle meno “carine”, meno accettabili a livello sociale, come ad esempio la rabbia o il sollievo. Inoltre, la perdita ha delle conseguenze sulla nostra vita di tutti i giorni, sull’immagine che abbiamo di noi e sulla nostra visione del mondo. Ci dobbiamo, dunque, adattare a questa nuova realtà. Infine, riusciremo a definire uno spazio in cui collocare il defunto e continuare a vivere mantenendo contemporaneamente il legame affettivo. Come affrontare la perdita di una persona cara contiene un gran numero di metodi, strumenti e attività da svolgere per facilitare questo processo, in modo che ognuno possa trovare la propria strada per elaborare il proprio lutto.

Perché ognuno di noi vive il lutto in maniera diversa?
Perché ognuno di noi è diverso dall’altro. Ognuno ha una sua personalità, vive in un contesto sociale di un certo tipo e ha una propria storia di vita che, a volte, include precedenti esperienze di perdite. Poi, ognuno ha un rapporto specifico con il defunto, che dipende anche dal grado di parentela o dal tipo di amicizia che c’era. Il legame può essere sentito come più o meno profondo, più o meno conflittuale e ambivalente, più o meno affidabile o caratterizzato dalla dipendenza. La morte che ha colpito il nostro caro può essere stata più o meno traumatizzante. Sulla base di questi e altri fattori, ognuno di noi sviluppa la sua reazione luttuosa specifica, che è tanto individuale quanto lo sono le nostre impronte digitali.

Perché affrontare il lutto a volte si rivela così difficile?
Per tutti è molto difficile accettare l’ineluttabilità della morte e il senso di impotenza che ne consegue. Ci confrontiamo con tutti quei “mai più”. Mai più poter dire “ti voglio bene”. Mai più raccontarsi o condividere un’esperienza. Mai più poter chiarire quel conflitto.Un rapporto conflittuale con il defunto rende, di solito, più problematica l’elaborazione del lutto nel superstite. Le emozioni contrastanti creano un conflitto interiore difficile da risolvere – anche perché, nella nostra società, una persona che non parla esclusivamente bene di un defunto non è molto ben vista. In questi casi può essere utile un aiuto professionale; nel libro ho cercato di trasmettere anche qualche spunto su dove e come andarlo a cercare.

Come spiegherebbe il rapporto che la nostra società ha con la morte e il lutto? Come viene visto, vissuto o negato?
La nostra società è caratterizzata dal culto per la giovinezza, la salute e il divertimento. Da questa visione del mondo vengono esclusi i malati, i morenti e le persone in lutto. Quindi, quando subiamo una perdita ci accorgiamo che nessuno sa come comportarsi, né noi, né le persone che cercano di esserci vicine. Tradizioni e rituali che potrebbero indicarci un percorso da seguire sono andati persi durante gli ultimi decenni e così, oltre alla sofferenza legata direttamente al lutto, soffriamo anche per l’incomprensione degli altri. Spesso, la perdita viene negata attraverso frasi fatte come, ad esempio, l’insopportabile: “Devi dimenticare!”. Così la persona in lutto tende a isolarsi quando, più che in qualsiasi altro momento, avrebbe bisogno di affetto e conforto.

Nel suo libro presenta un approccio psicologico professionale e competente, ma allo stesso tempo offre al lettore anche la descrizione del suo personale dolore, mettendosi, per così dire, dall’altra parte… questo aspetto come ha influenzato il libro?
Il mio dolore personale non solo ha influenzato il libro, ma è stata la motivazione dalla quale è nato. In seguito alle mie perdite, ho iniziato a studiare la letteratura sull’argomento. Notando che questo tema non riceve molta attenzione in Italia, ho voluto dare il mio contributo per far sentire le persone in lutto meno sole e più competenti nel fronteggiarlo. Ho quindi selezionato il materiale per farne un libro e, nello stesso momento, ho creato un punto di riferimento per queste persone a Roma, il Centro Le Farfalle (www.centrofarfalle.it). Qui si svolgono incontri informativi, gruppi e sedute individuali in cui è fondamentale l’espressione e la condivisione delle emozioni – anche dei terapeuti che, in certe occasioni, consapevolmente “si mettono dall’altra parte”. Attraverso l’inserimento nel libro di alcune testimonianze, tra cui anche la mia, ho cercato di trasmettere quel clima di fiducia e di empatia che si respira nel Centro – e spero si percepisca anche sulla carta.