Ecco come Byron Katie descrive l’origine della sofferenza nel suo libro Amare ciò che è:

L’unico caso in cui soffriamo è quando crediamo a un pensiero che si oppone a ciò che è. Quando la mente è perfettamente chiara, ciò che è è ciò che vogliamo. Volere che la realtà sia diversa da quella che è, è come pretendere d’insegnare ad un gatto ad abbaiare. Puoi provare quanto vuoi, ma alla fine il gatto ti guarderà e dirà: “Miao”. Volere che la realtà sia diversa da come è, è irrealizzabile.

Il Lavoro* rivela che quello che pensavi che non sarebbe dovuto accadere doveva accadere. Doveva accadere perché è accaduto, e niente al mondo può cambiarlo. Ciò non significa condonarlo o approvarlo. Significa soltanto riuscire a vedere le cose senza resistenza e senza la confusione della lotta interiore. Nessuno vuole che i figli si ammalino, nessuno vuole avere un incidente d’auto; ma se accade, a cosa serve opporsi mentalmente? Sappiamo che è inutile, eppure lo facciamo, perché non sappiamo come smettere.

Io sono un’amante di ciò che è, non perché sia una persona spirituale, ma perché contrastare la realtà fa male. Possiamo scoprire che la realtà è buona così com’è perché, se la contrastiamo, proviamo tensione e frustrazione. Non ci sentiamo naturali o in equilibrio. Quando smettiamo di opporci alla realtà, l’azione diventa semplice, fluida, dolce e priva di paura.

Riesco a trovare solo tre tipi di affari nell’universo: i miei, i tuoi e quelli di Dio. (Per me, la parola Dio significa ‘realtà’. La realtà è Dio perché è al comando. Tutto ciò che è al di là del mio controllo, del tuo controllo e del controllo di chiunque altro, io lo chiamo gli affari di Dio). Gran parte del nostro stress deriva dal vivere mentalmente fuori dai nostri affari. Se penso “Dovete trovarvi un lavoro, voglio che siate felici, dovete essere puntali, avete bisogno di prendervi più cura di voi stessi”, sono nei vostri affari. Se mi preoccupo dei terremoti, delle inondazioni, della guerra o di quando morirò, sono negli affari di Dio. Se sono mentalmente nei vostri affari o in quelli di Dio, il risultato è la separazione.

Se tu vivi la tua vita e io vivo mentalmente la tua, chi vive la mia qui? Siamo entrambi là. Essere mentalmente nei tuoi affari m’impedisce di essere presente ai miei. Mi separo da me stessa chiedendomi perché la mia vita non funziona. Pensare di sapere che cosa sia meglio per chiunque altro, è essere fuori dai miei affari. Anche se è in nome dell’amore, è pura arroganza; e il risultato è tensione, ansia e paura. So che cos’è giusto per me? Questo è il mio unico affare. Lascia che mi occupi di questo, prima di cercare di risolvere i tuoi problemi al posto tuo.

Un pensiero è innocuo finché non ci crediamo. Non sono i nostri pensieri, ma  l’attaccamento ai nostri pensieri che causa sofferenza. Attaccarsi a un pensiero  significa credere che sia vero, senza indagarlo. Una credenza è un pensiero al quale siamo attaccati, spesso da anni.

Molti pensano di essere quello che i pensieri dicono loro che sono. Un giorno mi accorsi che non ero io a respirare: venivo respirata. Poi, con stupore, vidi anche che non ero io a pensare: in realtà venivo pensata e il pensiero non è personale. Puoi svegliarti al mattino e dirti: “Penso che oggi non penserò”?  Troppo tardi, stai già pensando! I pensieri semplicemente appaiono. Vengono dal nulla e ritornano al nulla, come nuvole che attraversano il cielo vuoto. Vengono per passare, non per restare. Non fanno male, finché non ci attacchiamo ad essi come se fossero veri.

Nessuno è mai riuscito a controllare i pensieri, anche se alcuni possono raccontare la storia che ci riescono. Io non lascio andare i miei pensieri: li accolgo con comprensione. Dopo loro lasciano andare me. I pensieri sono come la brezza, o le foglie sugli alberi, o le gocce della pioggia che cade. Anche i pensieri appaiono così e, attraverso l’indagine, possiamo fare amicizia con loro. Entreresti in conflitto con una goccia di pioggia? Le gocce di pioggia non sono qualcosa che ti riguarda personalmente e neppure i pensieri. Se un concetto doloroso viene accolto con comprensione, la prossima volta che si presenterà lo troverai interessante. Quello che era un incubo, ora è semplicemente interessante. Poi, la volta successiva, potresti trovarlo divertente. La volta ancora dopo, forse non lo noterai nemmeno. Questo è il potere di amare ciò che è.

 

*Il Lavoro di Byron Katie è un modo di identificare ed indagare i pensieri che causano tutta la sofferenza e di trovare pace in se stessi e nel mondo. Intorno ai trent’anni, Byron Kathleen Reid cadde in una grave depressione. Nei dieci anni successivi la depressione peggiorò, fin quando un mattino Katie fece esperienza di una realizzazione che le cambiò la vita: capì che ciò che aveva causato la sua depressione non era stato il mondo intorno a lei, ma ciò che lei credeva di quel mondo. In un lampo d’intuizione vide che il nostro tentativo di trovare la felicità procedeva al contrario: invece di cercare disperatamente di cambiare il mondo per adeguarlo ai nostri pensieri su come “dovrebbe” essere, possiamo esaminare questi pensieri e, accogliendo la realtà per com’è, fare esperienza di gioia e libertà inimmaginabili. Katie si rese subito conto che offrire agli altri le sue intuizioni o risposte non serviva a molto; in sostituzione propose un processo che permette a chiunque di trovare le proprie risposte.  Il Lavoro si basa esclusivamente sulla sua esperienza diretta di come la sofferenza si crea e si estingue.