Quando trascorriamo la vita mostrando agli altri una finta facciata, è facile perdere contatto con la nostra realtà più profonda, il nostro autentico sé. Diventa difficile udire ciò che gli altri dicono davvero o capire di cosa hanno bisogno da noi. Le nostre parole diventano vuote e meccaniche, gli altri ascoltano ma non vengono toccati. Solo accantonando il falso sé la nostra vera presenza e l’amore si manifestano. È questa la guarigione che tutti vogliamo, una guarigione che porta un’indistruttibile serenità.

Per la maggior parte della vita, giochiamo a una variante del gioco “facciamo finta che…”. Diciamo: “Facciamo finta che tu non l’abbia detto e che io non abbia sentito. Facciamo finta che quanto è successo non importi davvero. Io ti aiuto a tenere in piedi i tuoi pretesti e tu mi aiuti a tenere in piedi i miei”. Fin da giovani, ci viene insegnato a creare una personalità di facciata per piacere agli altri e nascondere gran parte di ciò che è reale. Tuttavia, poco a poco questa falsa personalità (o ego) prende il sopravvento e viviamo nella costante paura di essere smascherati, riconosciuti come diversi da quelli che sembriamo.

La finzione ci sottrae la nostra vera vita. Qualora qualcuno bussasse alla nostra porta per farci visita, il più delle volte non troverebbe nessuno a casa. Vivere in un mondo dove è difficile trovare qualcuno che ascolti davvero, che risponda e che si interessi a noi può dimostrarsi assai tremendo. Chiaramente, non c’è nulla di più salutare, non c’è miglior antidoto alla paura e alla solitudine che trovare una persona veramente “presente”. In questi momenti, anche noi ci sentiamo “a casa”, in pace con noi stessi.

Uno studente si era recato da un saggio maestro, mosso dal disperato desiderio di capire come vivere.
“Che cosa cerchi?”, gli chiese il saggio maestro.
“Illuminazione, serenità”, rispose il tormentato studente.
“Perché cerchi al di fuori? Lo scrigno dei gioielli ce l’hai tu stesso”.
“Dov’è questo scrigno?”, domandò con ansia lo studente.
Il maestro rispose: “Il tuo scrigno è proprio quello che stai chiedendo”.
All’improvviso, gli occhi dello studente si spalancarono.
Da allora, lo studente spesso esorta i suoi amici: “Apri il tuo scrigno e usane i tesori”.

Storia zen

 

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