Andare in collera è del tutto normale, giacché contribuisce all’equilibrio della persona e al suo rapporto con gli altri. Permette inoltre di evacuare i pensieri negativi e scaricare l’eccesso di energia, a lungo andare nocivo.
È utile sapersi arrabbiare quando la situazione lo esige. Nessuno ci obbliga ad accettare qualcosa che giudichiamo inaccettabile. Adeguarsi, tacere, incassare non è una soluzione sana. Agire così non fa che accumulare un sacco di frustrazioni che rischiano di condurre, prima o poi, a vari disturbi nella vita. Attraverso la collera, possiamo esprimere la nostra indignazione e le rivendicazioni, come pure bisogni e delusioni.
Tuttavia, andare in collera troppo spesso o non riuscire a calmarsi non è un atteggiamento sano e occorre porvi rimedio. Esiste infatti un tipo di collera che potremmo definire “collera malsana” e che a livello fisico include accentuato aumento della frequenza cardiaca, aggressività, rabbia, agitazione e sensazione di essere sul punto di esplodere. La mente si confonde e non riusciamo a raccogliere le idee. Queste emozioni ci impediscono di pensare con chiarezza al motivo della nostra collera e di intraprendere un’azione costruttiva.
Tra i comportamenti messi in atto nella collera malsana troviamo:
- Aggredire fisicamente l’altro (gli altri)
- Aggredire verbalmente l’altro (gli altri)
- Aggredire l’altro (gli altri) in maniera ostile/passiva
- Prendersela con una persona estranea ai fatti, un animale o un oggetto
- Ritirarsi con atteggiamento ostile
- Cercare alleati contro l’altro (gli altri)
Quando invece proviamo una collera sana, siamo motivati ad affrontare la frustrazione o gli ostacoli al raggiungimento di uno stato d’animo equilibrato e all’intenzione di risolvere il problema. Se l’altra persona ha violato le nostre regole, ci ha mancato di rispetto o minacciato la nostra autostima, siamo stimolati a far valere le nostre ragioni in maniera ferma ma rispettosa.
Come fare dunque per passare da una collera malsana a una sana? Innanzitutto, agendo sul piano fisico.
Dopo aver riconosciuto la nostra collera, proviamo a respirare e relativizzare gli eventi. Quando siamo in collera, il cuore produce adrenalina, la quale aumenta la frequenza cardiaca. Il miglior sistema di controllo è la respirazione; respirando profondamente e con regolarità normalizziamo il ritmo cardiaco, la tensione si riduce e con essa il livello di adrenalina.
Fatto ciò, possiamo tentare di osservarci e di riflettere su ciò che penseremmo se vedessimo qualcuno adirarsi in una situazione analoga. In sostanza, si tratta di adottare il punto di vista di un osservatore, per prendere le distanze.
Altri metodi validi sono quello di darsi una rinfrescata o praticare jogging. Lo sport costituisce una buona valvola di sfogo; aiuta a esprimere l’eccesso di energia e facilita il ritorno a uno stato riflessivo sensato che permette di affrontare il problema a mente fredda.
Una volta agito sul piano fisico, possiamo tornare dall’altra persona (quella che è all’origine della collera) e cercare assieme una soluzione. Lo scambio è sempre il modo migliore di raggiungere un risultato. È importante obbligarsi ad ascoltare quanto gli altri hanno da dire e lasciarli finire senza interromperli. Occorre dare loro la possibilità di spiegarsi.
Per chi non riesce assolutamente a esprimersi, la scrittura costituisce una soluzione alternativa. Attenzione: la prima versione rischia di abbondare di aggettivi e giudizi affrettati. Una volta cessato l’iniziale sfogo, dunque, è preferibile redigere una seconda versione. A quel punto è importante analizzare i propri sentimenti, ciò che proviamo, che abbiamo vissuto al momento, che perdura ecc. Si tratta di portare alla luce la sofferenza dietro l’evento e metterla per iscritto. L’emozione alla base della collera è infatti proprio la sofferenza. C’è stata ingiustizia? Mi sono sentito sminuito, ignorato, incompreso, non all’altezza? Questa tappa è cruciale. Esprimere a parole le emozioni alla radice della collera farà scemare quest’ultima.
Per approfondire:
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