Di Andrea Bizzocchi
Sono passati sette anni dall’inizio di quella che tutti i media definiscono “crisi”. La maggior parte di noi, sprecando tempo ed energie a incolpare tutti tranne se stessi, l’ha subita passivamente, mentre altri hanno deciso di prendersi la responsabilità di cambiare la propria Vita senza aspettare niente e nessuno. E sono tornati a vivere.
“Crisi” è una parola mediatica che serve a mettere paura alla gente. Noi non abbiamo bisogno di soldi per “comprare l’acqua da bere”, abbiamo bisogno semplicemente “di acqua da bere”. Non abbiamo bisogno di soldi per comprare “pomodori e insalata al supermercato”, abbiamo semplicemente bisogno di “pomodori e insalata” (li possiamo coltivare, ce li può regalare un amico, ecc.). Noi, soprattutto, non abbiamo bisogno di spendere soldi in prodotti idioti figli di bisogni indotti. In altre parole abbiamo bisogno di tornare a recuperare un minimo di indipendenza da un sistema che ha mercificato tutto e che, proprio per questo, se fa mancare i soldi (perché i soldi non mancano. Sono fatti mancare), ci lascia tutti con le pezze al culo. Il dramma quindi non è la “crisi”, ma il Sistema, e soprattutto il fatto che non si faccia nulla per uscirne. I media chiamano “crisi” quella che è una vera e propria guerra ai popoli, e questo per due motivi: il primo è che nel mondo d’oggi le guerre si fanno sempre dichiarandole sotto falso nome (missioni di pace è un esempio, lotta per la democrazia, lotta al terrorismo, e si invadono Paesi e si ammazzano migliaia e migliaia di civili, ecc.). Il secondo è che l’utilizzo della parola “crisi” serve a mantenere i popoli nella paura e far sì che non alzino la testa e inizino a mettere in discussione il Sistema stesso. Perché la sola “crisi” che c’è è il Sistema stesso e conseguentemente in crisi c’è solamente chi è nel Sistema e dipende da esso e non chi ne è fuori. Questa “crisi”, dunque, a volerla vedere con altri occhi, da un’altra angolazione, è in realtà una meravigliosa opportunità per cambiare le nostre Vite, che è poi quello che molti, in questi anni, silenziosamente hanno iniziato a fare. Non combattere il Sistema, ma voltargli le spalle senza consentirgli di rubarci energie.
Forse questa opportunità che abbiamo per aprire gli occhi non sarà indolore, ma sono fermamente convinto che dipenderà tutto o quasi dal nostro approccio. Se capiamo che è un’opportunità per rimettere in discussione i paradigmi imperanti, ci comporteremo con gioia ed entusiasmo, con vero spirito “positivo”. Se al contrario continueremo a lottare con le unghie e con i denti per non lasciar andare quello che abbiamo avuto fino a oggi, questo stile di Vita, sarà una tragedia.
Per me è chiaro che non c’è nessuna “crisi”. Crisi è semplicemente una definizione data dagli stessi che prima non ne parlavano mentre la preparavano, gli stessi che adesso dicono che se ne uscirà presto (questo perché devono dare “speranza”, così che la gente non si assuma la responsabilità della propria vita e lasci lo status quo, cioè lasci i manovratori al loro posto a manovrare). Crisi è solo una definizione data da giornali, politici, economisti, sindacalisti, industriali.
Ma questo non significa che nel nostro mondo non ci siano “crisi”. Ad esempio sono crisi la quotidiana devastazione ambientale, l’inquinamento, lo sfruttamento di centinaia di milioni di altri esseri umani nel Terzo mondo, ma ormai anche nell’opulento Occidente, perché, checché se ne dica, viviamo ancora immersi nell’opulenza, per produrre inutilità di ogni genere che ci fanno stare male anziché bene. Queste sono crisi. La crisi è pensare che questo nostro stile di vita, insostenibile da tutti i punti di vista (vedi sopra) sia normale. Credetemi, chi sta sopra, chi manovra, lo sa benissimo che non è possibile andar avanti così, e allora, come dice Eduardo Galeano, ha deciso, invece di fare la guerra “alla povertà”, di farla direttamente “ai poveri”.
La “crisi”, quella vera, è che la gente vive ammalata (il settore farmaceutico è il primo al mondo per fatturato. Vorrà pur dire che stiamo male? O no?) come se fosse normale essere ammalati. La “crisi” è che la gente è sempre più stressata, depressa, impazzisce sempre più (le cronache ce ne danno notizia continuamente), e soprattutto ha sempre più paura di vivere. Queste sono vere crisi.
La crisi è essere convinti che dobbiamo cambiar l’auto, il cellulare, avere le mutande firmate, uscire il sabato sera. La crisi è nell’irrealtà di come viviamo, persi tra ore di tivù, di calcio, di social network, di aperitivi al bar. Questa è la vera crisi, una crisi del pensiero, e non c’è nulla di più drammatico di un pensiero che non riesce più a distinguere la realtà dalla fantasia. Viviamo in un mondo (e in un modo) irreale e crediamo che sia reale, possibile. Anzi, ne vogliamo ancora di più, lo “desideriamo”. La crisi è non capire tutto questo. La “crisi”, quella vera, c’è da tanti anni, come minimo da qualche decennio, da quando è arrivato questo falso benessere che in realtà è uno straordinario malessere per il semplice motivo che viviamo vite vuote, completamente prive di significati autentici. Non si può desiderare un’automobile, un profumo, un vestito, che la squadra vinca la partita. Proprio non si può. Vuol dire volersi male.
Bisogna imparare tutti, un passo alla volta ma con determinazione e convinzione, a vivere con meno cose materiali, con meno desideri, con meno “tutto” e anche con meno “certezze” (che non esistono, sono un’invenzione dei nostri tempi. La Vita non dà certezze ed è meravigliosa proprio per questo. Perché senza certezze ti stupisce tutti i giorni). Tutti questi “meno” sono dei “più” alla Vita. Questa crisi, lo ripeto, è una straordinaria opportunità per uscire da quel tunnel in cui ci siamo ficcati (o ci hanno ficcato, ma la sostanza è la stessa).
Mi è capitato qualche mese fa di sentire l’intervista a un politico (non ricordo chi fosse l’imbecille in questione) che durante una delle periodiche campagne mediatiche di demonizzazione dei No-Tav li definiva non solo terroristi (mi preme sottolineare che i terroristi non sono coloro che difendono il territorio, ma quelli che lo distruggono) ma anche “contro il Paese”, perché “non vogliono capire che la Tav è una straordinaria opportunità di rilancio economico”. Ribadisco: brutto imbecille e imbecilli quelli che gli credono. È questa la “crisi”. Che qualcuno gli crede (e se lui lo dice è perché qualcuno gli crede).
Insomma, bisogna uscire da questa ipnosi di massa chiamata “crisi” (e dalla speculare altra ipnosi chiamata “crescita economica”). Per farlo bisogna aiutarci fra di noi, ricreare relazioni, guardarci negli occhi, toccarci, tornare a vivere, a giocare, a scherzare, a mangiare, a lavorare assieme, a impegnarci in attività sensate, a disertare i templi del consumo, e, se siamo stanchi, stressati, depressi, in difficoltà (perché le difficoltà fanno parte del vivere) a rivolgersi agli amici e non a medici e psicologi che tra l’altro stanno male quanto noi, perché il Sistema non guarda in faccia nessuno.
Bisogna ritornare a fare attività fisica, a fare lavori fisici invece che passare 10 ore al giorno tra computer e tivù per poi andare un’ora in palestra. Bisogna riportare i bambini a camminare in un bosco, che è il più grande dei parchi giochi, e non riempirlo di paure (è troppo caldo, troppo freddo, troppo vento, troppa pioggia, troppi animali selvatici, vespe e insetti). Sono le case, le strade, l’inquinamento, il cibo, i nostri stili di vita a ucciderci, non il bosco. Bisogna riportare i bambini, e noi con loro, a guardare le stelle invece di metterli davanti a un videogioco. Bisogna stare fuori il più possibile anche con il “brutto tempo”, bisogna abbassare la temperatura dentro casa per consumare meno, inquinare meno, spendere meno e rendere il nostro corpo e la nostra mente più forti. Bisogna soprattutto reimparare a commuoverci per i miracoli veri e non per un I-Phone o per uno schermo FULL-HD. I miracoli veri sono lì ogni momento: il Sole ma anche la pioggia, il caldo ma anche il freddo, la Luna e le stelle, il vento, l’acqua. Bisogna bere ogni sorso di acqua con consapevolezza. Bisogna mangiare con consapevolezza, senza ingozzarci, con calma, in silenzio, assaporando veramente il cibo che mangiamo. Dobbiamo farlo noi perché nessuno lo farà per noi. Tutte queste cose sembrano solo belle parole, teorie, utopie. Lo sono, in effetti. Fino a che non le mettiamo in pratica. A quel punto diventano realtà e sostituiscono la realtà della “crisi” che stiamo vivendo oggi.
La “crisi” a ben vedere è solo in questa grande ipnosi di massa che stiamo vivendo, questa lobotomizzazione del cervello e dell’anima che stiamo subendo senza batter ciglio, anzi, quasi con entusiasmo. La “crisi” è che ci hanno messo la morte nella testa, nel cuore e nell’anima. Ma non è una morte. È solamente un lungo sonno. Non buttiamo via questa splendida opportunità, un vero dono che ci è stato dato per riprendere in mano le nostre Vite.
Apriamo gli occhi, smettiamola di lamentarci e prendiamoci la responsabilità di cambiare in prima persona, e facciamolo, possibilmente, prendendo per mano chi ci è accanto. Andrà a finire che ci terremo tutti per mano e ci renderemo conto che non c’è nessuna “crisi” se non nella nostra testa.
Buona “crisi” (opportunità di cambiamento) a tutti.
Andrea Bizzocchi,
Florida, 26 gennaio 2015
www.andreabizzocchi.it
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