Quando identifichiamo qualcuno con un problema, è importante comprendere che non è quel qualcuno a essere il problema e non lo è nemmeno il suo comportamento. Non c’è nessun “problema” oggettivo; il “problema” come sempre è completamente nella nostra percezione del comportamento di quella persona ed è determinato da una memoria immagazzinata nel nostro subconscio, che si manifesta nell’altro come un riflesso di questa stessa memoria espresso attraverso il problema in quella persona.
Dare origine a un pensiero non è certamente il problema. È semplicemente un pensiero. Il fatto è che moltissimi dei nostri pensieri derivano da una percezione limitata della realtà e sono impregnati di ricordi dolorosi. Ma più sono intrisi di memorie, più rimangono latenti nella nostra mente (ossia più restano nella nostra testa) e più ci suscitano emozioni. Di conseguenza, tali ricordi di persone, luoghi o cose si ripetono continuamente nel nostro subconscio spesso in maniera ossessiva.
Gli esperti della Legge di Attrazione definiscono questi ricordi “credenze limitanti” o “blocchi energetici”. La mente razionale, con tutte le sue potenzialità, non è in grado di gestire i problemi materiali originati dal ripetersi delle memorie in maniera efficace, perché non è in grado di scardinarne le cause originarie. Può gestirli, può illudersi di controllarli, ma alla fine rispunteranno sempre fuori da qualche parte.
La coscienza manifesta la realtà, quindi se la mia coscienza non è in pace, la pace non potrà in nessun modo manifestarsi. È inutile che io agisca sugli altri, che mi incaponisca a cambiare gli altri: se la mia coscienza non è in pace la pace non potrà in nessun modo manifestarsi nella mia vita. Anzi, più cerco di modificare gli altri, più dimostro di non essere in pace con me stesso e più emano energia contraria allo stato di pace.
Inutile combattere ogni situazione. In primo luogo perché non esistono difetti o errori da nessuna parte e dunque nemmeno negli altri, in secondo luogo perché il mio desiderio o la mia necessità di correggere gli altri sta solo a testimoniare la presenza di una percezione limitata da credenze ostacolanti e da blocchi energetici. La mia volontà di correggere l’esterno ottiene solo lo scopo di emanare l’energia coordinata ai blocchi e alle credenze.
Il trucco è quello di cambiare il proprio modo di pensare, il proprio modo di approcciarsi agli avvenimenti. Se io vivo il problema come un problema, sarò intrappolato sempre più in quel circolo vizioso a spirale da cui sarà sempre più difficile uscire. Se invece vivo il problema come qualcosa di esterno a me e soprattutto accetto il concetto fondamentale che quello che sta accadendo sta accadendo con l’esclusiva finalità di portarmi a crescere e a migliorare la mia vita anche percettivamente, mi accorgerò di come tutte le cose vadano al loro posto fluidamente.
Lo scopo del praticante di Ho-oponopono non è mai quello di modificare gli altri o di modificare le situazioni esterne a sé; il praticante di Ho-oponopono purifica se stesso aprendo il cuore alla luce divina dell’ispirazione. Solo così egli modifica la sua realtà.
Con Ho-oponopono noi non modifichiamo, non ripuliamo la persona, il luogo, o la cosa che rappresenta il nostro problema. Noi agiamo sull’energia (nostra) che associamo al “problema”, ne riconosciamo l’utilità e le restituiamo la sua principale caratteristica, quella di non avere caratteristiche, né di negatività né di positività. La trasmutiamo innalzando la vibrazione che emaniamo tramite la sua percezione. Versiamo quella famosa tazza d’acqua nell’oceano.
L’energia che noi percepiamo come negativa viene neutralizzata e contemporaneamente viene liberata e torna al mare energetico dell’Universo. Perciò lo spazio che occupava nella nostra interiorità viene liberato per lasciare posto alla Luce, l’energia divina che era all’origine e che è lo stato naturale dell’essere, cioè il nostro stato naturale.
Tratto da:
Image credits: nuvolanevicata/Shutterstock.com