Articolo pubblicato da www.andreabizzocchi.it

Diciamo subito le cose come stanno. Il problema del debito pubblico italiano non deriva da un eccesso di spesa, sprechi e ruberie assortite, bensì unicamente dagli interessi che lo Stato italiano paga per finanziarsi. Va da sé che  spese, sprechi e ruberie assortite concorrono a peggiorare la situazione, ma non sono il problema di fondo. Perché allora si parla di tutto fuorché del problema di fondo? Perché del problema di fondo non si vuol parlare, onde lasciare le cose come stanno.

Come riporto in “E io non pago”, l’Italia, nel trentennio che va dal 1980 al 2011 ha avuto un avanzo primario pari a 484 miliardi di euro. Nello stesso periodo ha pagato 2141 miliardi di euro di interessi. La differenza (pari a 1897 miliardi) rappresentava il debito pubblico italiano nel 2012, debito che oggi ha superato i 2100 miliardi. Questo debito genera interessi annuali per circa 70-80 miliardi di euro. Gli interessi che l’Italia paga, tecnicamente, sarebbero (sono) definibili come interessi da anatocismo, cioè noi paghiamo gli interessi sugli interessi. E’ un circolo senza fine dal quale il paese non può uscire (del resto i debiti sono concepiti all’uopo) e se mai fosse si ritroverebbe comunque spolpato all’osso e dunque senza alcuna possibilità di ripresa. Dico spolpato perché non avremo più nessuna base, cioè nessuna risorsa reale, su cui ripartire. Non credo comunque che questo succederà dal momento che i debiti sono sempre concepiti per non essere estinguibili onde tenere un paese alla mercé delle oligarchie finanziarie che tirano i fili del gioco del denaro.

L’immagine venduta dicevamo, è però che l’Italia si trova nella situazione in cui si trova perché “spende troppo” e quindi ha un deficit di bilancio. Questa immagine non è solo errata ma volutamente fuorviante. Nonostante la nostra situazione sia drammatica, paradossalmente l’Italia è il paese al mondo con il surplus di bilancio più alto. Questo, chiariamolo subito, non è che sia un bene in sé, perché il nostro surplus è dovuto principalmente ad una tassazione altissima che concorso all’affossamento del paese. Resta il fatto che l’Italia in virtù di questa tassazione altissima ed al conseguente surplus di bilancio che conosce da oltre vent’anni, dovrebbe perlomeno non avere il problema del debito. Che invece c’è, eccome! In breve, gli interessi si rincorrono e le politiche di austerità non servono a nulla se non, appunto, a spolpare il paese. I debiti, del resto, servono a questo: drenare ricchezza reale dalle popolazioni e quindi impoverirle e controllarle.

Il Pil dell’Italia è quasi quintuplicato in dieci anni passando da 35 a 156 miliardi e la ragione di questo è il famoso “divorzio” tra la Banca d’Italia e il Tesoro. Il fatto fondamentale del “divorzio” fu il sollevamento per la Banca d’Italia dell’obbligo di comprare il debito pubblico (cioè i titoli di Stato). Da allora l’Italia si è finanziata sul mercato, cioè abbiamo preso denaro a prestito a tassi di interesse dettati dal mercato finanziario, mercato finanziario che ovviamente fa i suoi interessi. Il mercato finanziario, oltretutto, è principalmente estero (in “E io non pago” riporto la lista dei 20 “specialisti”, di cui 18 esteri appunto, autorizzati dal Tesoro italiano a compare i nostri titoli di Stato). Prima l’Italia si finanziava a costo zero attraverso la Banca d’Italia. Spiego il tutto nei dettagli nel nuovo libro “Euroballe”.

Questo antefatto, che è la vera causa della situazione in cui ci troviamo, non è mai stato menzionato da nessun media di regime, e men che meno dalla Troika e dai governi (Monti, Letta e anche Renzi) che si sono succeduti dall’esplosione della crisi del debito. Affermare dunque che i media, la Troika e i governi sono tutti corresponsabili e parte del piano di spolpamento, non è fare affermazioni generiche e complottiste, cosa di cui qualche lettore mi  accusa, bensì semplicemente affermare la realtà dei fatti. Oppure queste cose non le sanno?

La Bce, a differenza della Fed, della Banca centrale del Giappone e altre, non può acquistare i titoli di Stato (l’Unione europea glielo vieta, e già questo ci dice molto chiaramente a cosa serve, tra le altre cose, la UE). Però la Bce questi soldi li può prestare alle banche. La Bce, dall’inizio della crisi ha infatti prestato alle banche circa 3000 miliardi di euro a tassi di interesse vicini allo zero, banche che però non hanno riversato questi soldini nell’economia reale (e anche comprensibilmente dal loro punto di vista). Cosa ci hanno fatto allora le banche con questi soldi? Ci  hanno acquistato, indovinate cosa, titoli di Stato che rendevano il 4% e anche oltre. Che beneficio ne hanno tratto i paesi da queste emissioni di denaro della Ue? Nessuna, è ovvio. I beneficiari sono stati unicamente le banche. Lo schema è chiarissimo.

Tutto ciò premesso, è evidente che se non si esce quanto prima dall’Europa e dall’euro, e contestualmente non si eliminano i circa 80 miliardi di interessi annui che stiamo pagando oggi, l’Italia, oltre a non avere un presente, non avrà neppure un futuro. L’uscita dall’euro, in aggiunta alle positive conseguenze concrete e immediate (se non altro in termini di eliminazione-riduzione degli interessi che paghiamo), avrebbe anche un plus, un bonus aggiuntivo per così dire, che sarebbe quello del recupero della fiducia del mercato finanziario nel sistema Italia (il mercato finanziario recupererebbe fiducia per il semplice motivo che lo Stato italiano avrebbe di nuovo accesso diretto alla liquidità).

Proprio per evitare tutto ciò, io credo, è stato fatto fuori Letta (che si sapeva non poteva durare visto che era stato imposto così come il suo predecessore Monti, e quindi si sarebbe arrivati presto alle elezioni) ed è stato messo al suo posto, l’alterego povero di Obama, Matteo Renzi, tristemente venduto come il nuovo che avanza. Quindi lo spolpamento dell’Italia continua.

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