Il debito pubblico italiano, ossia il debito che lo Stato italiano accumula nei confronti di banche, stati esteri, imprese e chiunque avanzi credito in genere per aver acquistato titolo di stato, si forma nel tentativo di colmare il disavanzo tra entrate e uscite (disavanzo = più uscite che entrate). Nel 2011, il debito pubblico italiano ammontava alla stratosferica cifra di 1.897 miliardi di euro. Per di più, gli strumenti che l’Italia ha in mano per ripagare questo debito non si dimostrano tra i più efficaci, giacché se da un lato lo Stato aumenta la pressione fiscale riducendo la spesa pubblica (a danno dei cittadini), dall’altro può decidere di contrarre un altro debito per coprire il primo, dando così avvio a un circolo vizioso da cui è sempre più difficile sfuggire.
Ma come si è formato il debito pubblico?
Al tempo del boom economico degli anni ‘60, il debito pubblico italiano era molto basso. Già duranti gli anni ‘70 tuttavia inizia a salire, per poi subire un’impennata negli anni ‘80, anni che si profilano come caratterizzati dalla cosiddetta esplosione del debito pubblico. Ad accendere la miccia è nel 1981 la fine dell’intervento della Banca d’Italia per l’acquisto dei titoli di Stato rimasti invenduti. A partire da quell’anno dunque la Banca d’Italia smette di acquistare i titoli, i quali passano in mano alla speculazione privata, sia italiana sia estera. La questione di fondo rimane dunque imperniata attorno agli interessi. Interessi che si creano allorché l’Italia si vede costretta a vendere a banche private i propri titoli di Stato. Chiaramente, c’è una grossa differenza tra il pagare interessi a terzi e pagarli alla Banca d’Italia, cioè a se stessi. Di fatto l’85% del debito pubblico italiano è detenuto da istituti finanziari italiani ma soprattutto esteri.
In tempi di crisi, è facile e lecito addebitare alla classe politica – di qualunque schieramento – il tracollo del Paese. L’atteggiamento poco coraggioso, arroccato a proteggere i propri interessi, di un certo modo di far politica contribuisce a questa sensazione poco confortante, nella quale una certa parte di verità è presente. Non va però dimenticato che oggigiorno la politica è nelle mani dell’economia, cioè risponde alle oligarchie finanziarie che emettono denaro e controllano i settori più importanti per la vita del cittadino: alimentazione, energia, medicina, istruzione, informazione. Diventare consapevoli di questo fatto e trasformarsi in cittadini informati è il primo importante passo per dare un valido contributo alla risoluzione di qualunque crisi.
Tratto da: Andrea Bizzocchi, E io non pago!