A quel tempo nella comunità di Buddha viveva un monaco di nome Tissa. Un giorno ricevette da sua sorella una veste molto fine, di buona qualità. In un primo momento non volle prenderla ma poi, siccome gli piaceva, la prese e la mise in un armadio in attesa di una particolare occasione per indossarla.
Una notte il tempo della sua vita giunse a termine ed egli si spense improvvisamente. All’ultimo momento, prima di lasciare il corpo, pensò alla sua preziosa veste e rimpianse di non averla mai indossata. Immaginò come gli avrebbe donato se avesse indossato quella preziosa veste. Con tale desiderio e tali pensieri di brama il monaco lasciò questa vita. Poco dopo si reincarnò come un pidocchio e andò a dimorare in quella veste.

shutterstock_435257608Terminato il rituale dei defunti, il suo corpo fu lambito dalle fiamme della pira funeraria e i suoi confratelli dissero: “Ha conservato una veste molto fine. La divideremo tra di noi”.
Quando il pidocchio udì quelle parole, corse di qua e di là gridando agitato: “Questa è la mia veste. Se la prendono loro mi scacceranno. Non deve affatto succedere!”.
Quando Buddha, parlando con Ananda, apprese della veste di Tissa, fece avvertire i monaci di non toccarla per sette giorni. Il pidocchio si rallegrò della notizia e continuò felicemente a possedere la veste. Ma la sua vita non durò a lungo e dopo sette giorni morì. Quindi la veste fu divisa tra i monaci.
Poiché in una vita precedente il monaco incarnatosi come pidocchio aveva raggiunto un alto livello spirituale, rinacque poco dopo nel regno animale come creatura divina.

Una sera, mentre i monaci parlavano di Tissa, uno di loro chiese: “Perché abbiamo atteso sette giorni prima di poter toccare la veste di Tissa?”.
shutterstock_522480874“Sebbene fosse morto, la sua mente continuava a restare attaccata alla sua veste. Qualche volta le persone dopo la morte restano attaccate ai loro beni, alle loro esperienze o anche alle persone e ai parenti. Ecco il motivo per cui, se aveste toccato la sua veste, la sua mente ne sarebbe stata disturbata e lo avrebbe portato a una rinascita sfavorevole. Quando una persona muore, è sempre meglio non toccare per un certo tempo le cose che ha amato di più in vita sua”, spiegò Buddha ai suoi monaci.
Meravigliati, essi chiesero ancora: “La brama di una persona può essere così forte da continuare ad agire anche dopo la morte?”.
“Certamente”, rispose Buddha. “La brama è molto potente. Procura la sofferenza e ne impedisce l’estinzione; muove il ciclo delle esistenze ed è causa delle nostre continue rinascite, ovunque e in diverse forme: come animali, all’inferno, nel regno degli spiriti, come esseri umani oppure nei mondi celesti come creature divine”.

Questi figli mi appartengono, questa ricchezza è mia”, solo uno sciocco si tormenta con tali pensieri. Se egli non appartiene a se stesso, come possono appartenergli i figli, le ricchezze, gli oggetti e tutte le altre cose?
(V, 62)