Un giorno il figlio di un bramano vide Buddha e rimase colpito dal suo carisma.
Allora si disse: “Da questo momento in poi devo essere sempre accanto a questo grande maestro per contemplarlo”. Con tale proposito si fece ordinare monaco prendendo il nome Vakkali. Egli non leggeva i testi sacri, non recitava le preghiere e nemmeno i mantra, non praticava la meditazione e la contemplazione, ma si dedicava solo a contemplare Buddha.
In un primo tempo il Sublime lo tollerò, ma appena il suo discepolo diventò ricettivo alla vita spirituale gli disse:

“Che cosa speri di ottenere guardando continuamente questa massa fugace di carne che è il corpo di Buddha? Solo chi coltiva nel profondo il mio insegnamento realizza la Verità e mi vede veramente”.

monacoVakkali, che era ancora lontano da quella comprensione interiore, nonostante tale insegnamento, non smise di contemplare il suo Maestro.
Il Beato allora pensò: “Se questo confratello non viene scosso, non realizzerà mai il risveglio”. Avvenne poi che il Sublime si preparò per un lungo ritiro sulle montagne con alcuni monaci esperti nella pratica. Vakkali manifestò subito la ferma intenzione di seguirli, ma Buddha rifiutò dicendogli: “O monaco, resta qui, noi andiamo a meditare sui monti; la nostra via non è la tua per il momento”.

Nell’udire quelle parole il monaco iniziò a disperarsi al pensiero di non poter più contemplare Buddha per molto tempo. Divenne sempre più triste e svogliato, addirittura pensò che la sua vita non avesse più senso: “Che senso ha la mia vita se non potrò più vedere Buddha? Mi getterò dalla cima di una montagna e la farò finita”.
Seguendo questo maldestro proposito, si incamminò sul Picco degli avvoltoi, dove il Sublime aveva tenuto diversi discorsi di Dhamma ai suoi discepoli, mentre i monaci che erano rimasti al monastero fecero informare il Maestro di quanto stava accadendo a Vakkali.
Allora Buddha pensò: “Se questo fratello non riceve un segno da me è probabile che, fuorviato dalla mente, si tolga la vita. Così non avrà più la possibilità di conseguire l’illuminazione in questa esistenza”. Focalizzando al massimo le sue energie spirituali, Buddha si immerse nella meditazione profonda, riuscendo a inviare a Vakkali buoni e amorevoli pensieri. Gli espresse innanzitutto profonda compassione e affetto spirituale.

buddha1Nel frattempo il monaco aveva preso a scalare il Picco degli avvoltoi immerso nelle lacrime e nei bei ricordi dei tempi andati. Mentre pensava con nostalgia alle sue meditazioni praticate su quella montagna accanto a Buddha, guardando verso l’alto gli apparve una luce splendente in cui gli sembrò di scorgere la fulgida figura del Beato. Sì, gli parve di vedere proprio lui, il Sublime in amorevole atteggiamento. Quell’apparizione gli sembrò così reale che il cuore del monaco fu invaso da gioiosa beatitudine. Continuando quella contemplazione, a un tratto gli sembrò che Buddha lo rassicurasse dicendogli: “Io sono con te, Vakkali, non temere. Ti sono sempre vicino con sincero affetto spirituale”. Infine, quando il sole salì più in alto, i suoi potenti raggi fecero svanire la stupenda visione. Il monaco rimase in rapimento estatico, continuando a contemplare in se stesso il suo amato Maestro finché non gli fu chiaro che si era trattato di una visione.
Immerso in una intensa gioia spirituale, Vakkali fu certo che Buddha non lo avrebbe mai abbandonato a se stesso sul cammino verso la liberazione, così abbandonò per sempre la sua disperazione e conobbe la pace.

Terminato il periodo del suo ritiro, Buddha fece ritorno al monastero e Vakkali pieno di gioia gli raccontò la sua straordinaria esperienza. Allora il venerabile Maestro gli diede la seguente spiegazione:

“Per molto tempo hai vissuto incatenato alla mia immagine e quando ti ho lasciato per il mio ritiro hai creduto che ti avessi abbandonato. Infine un’apparizione ti ha mostrato che ti sono sempre vicino e in tal modo hai acquisito piena fede in me e hai avuto la tua pace. La visione ti dona una gioia straordinaria ed estatica che non ti ha ancora lasciato. Ma fa’ attenzione alla seconda fase di questo cammino: quando non sarai più legato alla mia persona, oppure alla mia apparizione, ma seguirai invece solo il mio insegnamento, uscirai definitivamente dalla sofferenza dell’attaccamento, come un elefante legato a una corda che viene tirato fuori dalla palude. La felicità che ora senti dentro dite è impermanente, perché dipende dalla mia apparizione. Anche questa sensazione va abbandonata, quando riuscirai a trascenderla completamente sarai in grado di realizzare la Verità”.

Motivato dalle parole di Buddha, Vakkali iniziò così a coltivare il sentiero che gli era stato mostrato. Percorrendo passo dopo passo l’intera disciplina contemplativa egli trascese la grande gioia, fece esperienza della perfetta equanimità e conseguì i livelli superiori di coscienza. Finalmente, molto tempo dopo, con grande spirito di rinuncia e grazie alla pratica perseverante, il monaco conseguì la liberazione e la vera beatitudine.

Buddha raccontò la storia del loro confratello ai suoi monaci riuniti in assemblea, dimostrando come la illimitata devozione nella Via possa condurre all’illuminazione. Vakkali, il monaco rinunciante, finalmente libero dall’attaccamento, aveva realizzato perfettamente la Verità.