“La perfezione non è di questo mondo”, si usa dire. E allora, esiste? Il perfezionismo viene descritto come “un’eccessiva ricerca della perfezione in ogni cosa”. Il desiderio di non trovare alcun difetto è però di per sé un’astrazione. Il meccanismo diventa ossessivo ed è seguito da critiche rivolte a se stessi e/o agli altri allorché l’ideale non viene raggiunto.
“Essere un perfezionista”, comunque, può anche essere una grande dote, quello che ci permette di dare il meglio di noi stessi e di far fruttare al meglio le nostre capacità. Ecco due brevi elenchi per distinguere il perfezionismo sano da quello malsano…
Il perfezionista sano dice: “Voglio il meglio di bene”
- Sa prendere decisioni importanti e punta a livelli elevati ma precisi.
- Competente e molto coscienzioso, lavora con metodo, attenzione e prudenza, senza mai lesinare tempo e sforzi.
- Dato che mira a un risultato visto come massimo, può correre dei rischi. Per questo ha occhio per i dettagli, dedica molto tempo alla ricerca, accumula informazioni e analizza in maniera sistematica le situazioni.
- Sa mostrarsi creativo, ma è consapevole dei limiti (i suoi e quelli degli altri) e accetta l’idea di “insuccesso”.
- Cercando di fare meglio, riesce a trarre soddisfazione dai risultati conseguiti, perché il suo realismo gli permette di capire che “la perfezione non è di questo mondo”.
- È in grado di imparare e di apprezzare gli sforzi compiuti, le capacità, i punti di forza. Così facendo, acquisisce poco a poco fiducia, sicurezza e autostima.
- Poiché dà valore alla qualità, è apprezzato per il suo rifiuto della mediocrità o per il suo livello di esigenza, il quale riflette attenzione e precisione.
Il perfezionista patologico dice: “Voglio il meglio del meglio”
- Giacché vuole raggiungere la vetta a ogni costo e rifiuta qualunque posto che non sia il primo, si odia se non primeggia e vive nell’ansia, nella paura, nella mancanza di gioia e di controllo. Stabilisce e persegue obiettivi e ideali rigidi, non realistici o impossibili da raggiungere, con i quali si raffronta e nei quali si identifica.
- Evita le nuove esperienze: troppi rischi dovuti a un eccessivo numero di possibilità d’errore.
- Ricerca l’approvazione, vuole piacere, gradisce che ci si interessi a lui; tuttavia, agendo in modalità “tutto o niente”, drammatizza le conseguenze di qualunque errore e vive nella critica o nell’autocritica costante ed eccessiva.
- Eterno insoddisfatto anche se fa qualcosa di eccellente, reagisce con notevole scetticismo o collera ai complimenti (e non sa farne).
- Poiché vede gli altri come aggressori, è particolarmente sulla difensiva nei confronti delle critiche.
- Il suo universo dev’essere senza difetti, pertanto fa un uso eccessivo della parola “dovere”; vuole sempre il meglio ed esige dagli altri lo stesso assoluto impegno. Questo lo rende spesso odioso, perché il suo atteggiamento negativo gli fa vedere solo i difetti, ciò che non va.
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