A tutti piace sentirsi al sicuro, sani e salvi, tanto che la sicurezza può essere considerata un bisogno primario. Uno dei mezzi più efficaci per sentirsi sicuri consiste nel cercare situazioni e sensazioni note. È per questo che si finisce per mangiare sempre negli stessi ristoranti, fare acquisti negli stessi negozi e frequentare le stesse persone. Ciò che è conosciuto è rassicurante, mentre ciò che è sconosciuto mette in pericolo questa sensazione di sicurezza.
Anche la vita amorosa si snoda sotto il segno della ricerca, spesso inconsapevole, di ciò che è noto. In questo senso le prime relazioni affettive influenzeranno tutto il resto dell’esistenza. Queste prime relazioni, poco importa se siano state belle o sgradevoli, hanno lasciato in ognuno di noi un imprinting familiare. Siamo attirati spontaneamente dalle persone che attivano questo modello relazionale memorizzato nel profondo della nostra psiche, nello stesso modo in cui siamo attratti dalle persone che parlano la nostra lingua quando stiamo visitando un paese straniero.
La ricerca del conosciuto dunque è alla base delle ripetizioni amorose, dal momento che spinge a ripetere un copione familiare adattandolo a dei nuovi personaggi. Eccone alcuni.
L’infermiera
Il figlio di un genitore alcolizzato spesso ha imparato a prendersene cura. Non c’è dunque da stupirsi se più tardi si sentirà a suo agio con dei partner bisognosi d’aiuto. Questa persona probabilmente verrà attirata da individui vulnerabili: tossicodipendenti, persone incapaci di conservare un lavoro stabile, ecc. L’effetto perverso di questo copione risiede nello squilibrio tra i ruoli di chi aiuta e di chi è aiutato: se il partner conquista l’indipendenza e non ha più bisogno di aiuto, l’attrazione diminuisce e a volte addirittura scompare.
Grazie di amarmi
Certi bambini sono stati disprezzati dai loro genitori: ai loro occhi non si comportavano mai abbastanza bene, venivano continuamente paragonati in negativo ai fratelli e alle sorelle o ad altri. In questa categoria rientrano anche i figli di genitori che non avevano il tempo di occuparsi di loro, ad esempio per motivi di lavoro o di salute. Questi ragazzi possono arrivare alla conclusione di non essere degni di ricevere attenzione e interesse, perché gli altri sono più importanti. Più tardi questo schema verrà ripetuto scegliendo un partner considerato superiore, intoccabile, inaccessibile, che porta a sua volta a svalutarsi.
È tutta colpa mia
Questo è il tema della colpevolizzazione per eccellenza: il bambino ha interiorizzato il fatto di essere la causa del malessere dei suoi genitori. In seguito questo può portare a un adulto che si sente responsabile della sofferenza altrui o che ha sviluppato l’impressione di avere qualcosa a cui non ha diritto. Forse per questo rinuncerà del tutto ai rapporti sentimentali. Anche una vita interamente consacrata agli altri attraverso il volontariato o lavori nell’ambito umanitario possono essere una conseguenza di questo copione.
Il re sono io!
Un figlio unico, abituato a dettare legge, può aver assimilato un modello di relazione in cui gli sono dovuti dei particolari riguardi. In seguito cercherà sicuramente dei partner che gli conferiscano di nuovo la sensazione di importanza che aveva una volta.
Tu non sei mia madre!
Come reazione a una madre iperprotettiva, un uomo può cercare una donna che si occupi di lui nello stesso modo. Ma può anche, soprattutto se si sentiva soffocare dall’affetto materno, rivendicare la sua indipendenza rifacendosi sulla sua compagna. Vorrà allora salvaguardare a ogni costo la sua libertà, la cosa più importante ai suoi occhi.
Due schemi di ripetizione differenti sono possibili in quest’ultimo caso: potrebbe non arrivare mai a impegnarsi, dal momento che il matrimonio o la convivenza rappresentano una minaccia insostenibile alla sua libertà e alla sua autonomia; o al contrario potrebbe essere effettivamente attratto da donne protettive (perché conosce bene questa attitudine), ma non riuscirà a sopportarle e finirà per lasciarle.