I libri per perdere peso e le varie diete in franchising sono parte integrante della nostra cultura, ma hanno avuto scarso impatto sull’epidemia di obesità che sta interessando negli ultimi anni i paesi occidentali.
Il fallimento dei precedenti approcci all’argomento deriva da vari fattori. In primo luogo, gli autori e gli esperti pongono la domanda sbagliata sull’obesità. I sostenitori della dieta a zona o della Atkins, per citarne solo alcune, affrontano il problema dell’obesità con in mente la domanda sbagliata. Tutti chiedono: “Per un’ottimale perdita di peso, quale dieta si dovrebbe seguire?”. Grazie alla nuova comprensione della genomica e della nutrigenomica, oggi invece sappiamo che una dieta “taglia unica” non esisterà mai. Considerando la genetica, le diversità etniche e lo stile di vita della nostra cultura, la chiave per il controllo del proprio peso sta nell’elaborare un programma poliedrico di dieta, alimentazione e stile di vita, così da rispondere alle esigenze biochimiche e metaboliche proprie del singolo. Non abbiamo mai avuto né mai scopriremo una dieta o un programma alimentare che abbiano successo con tutti!
In secondo luogo, i vecchi canoni riguardanti il controllo del peso sono incentrati sul calcolo delle calorie e sugli alimenti equivalenti, concetti che per il sessanta, settantacinque per cento degli individui in sovrappeso non funzionano. Ci è stato sempre detto che avremmo facilmente potuto risolvere il problema dell’obesità soltanto contando il numero di calorie, grammi di grasso, grammi di proteine o di carboidrati ingeriti: l’obesità si può risolvere consumando meno calorie e bruciandone di più. Purtroppo, milioni di persone non possiedono un corredo genetico a cui è applicabile questa equazione! Hanno provato, di solito senza alcun risultato, qualsiasi tipo di calcolo delle calorie, rivolgendosi a dietologi qualificati, medici, diete proposte da grandi aziende e libri di auto-aiuto. La semplice matematica ci dice che queste persone consumano molte meno calorie di quelle ritenute necessarie a sostenere l’attuale peso corporeo, eppure non perdono peso e spesso seguitano a ingrassare con regolarità. In chi presenta un metabolismo commutato il calcolo delle calorie non produce risultati positivi, e questo spiega proprio perché questi approcci presentano un’applicabilità limitata e si dimostrano magari efficaci solo in un quarto o un terzo della popolazione obesa. Cinque comuni disturbi metabolici, infatti, affliggono una percentuale di obesi che va dal sessanta al settantacinque per cento. Alcuni sono affetti da più di uno dei suddetti problemi. Il fatto di immagazzinare grassi anziché bruciarli è legato all’individualità biochimica di queste persone e non si risolve semplicemente contando le calorie, scegliendo alimenti equivalenti o con altri metodi convenzionali.
Sensibilità ai carboidrati, sindrome metabolica (condizione in cui l’eccesso d’insulina si associa all’insulinoresistenza), squilibri ormonali, ipersensibilità alimentare e ridotta capacita di disintossicazione epatica costituiscono i cinque comuni problemi metabolici generalmente trascurati. In ciascuna di queste condizioni a essere fondamentale per stabilire se il corpo immagazzina o brucia grasso è il tipo di calorie e non solo la loro somma totale, ed è proprio qui che va ad agire la dieta metabolica. Obiettivo del trattamento è l’individuo, non la malattia, capendo la ripartizione dei meccanismi che concorrono a mantenere un sano peso corporeo.
La dieta metabolica, quindi, parte proprio dalla comprensione del tipo di squilibrio che interessa il paziente, laddove l’obesità diventa un sintomo, non il problema da curare. Una volta individuato lo squilibrio metabolico da risolvere, più che una dieta vera e propria con il conteggio delle calorie, viene prescritto un programma di rinnovamento del proprio modo di mangiare e dello stile di vita. Vengono individuati i cibi adatti al proprio metabolismo e quelli da evitare, senza dimenticare l’importanza dell’acqua e dell’esercizio fisico moderato ma regolare.
“Non ci si ammala a causa di una malattia; piuttosto, la malattia riflette un’alterazione nell’equilibrio dinamico tra se stessi e l’ambiente”.
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